
Mom too Soon. Resoconto della prima settimana
É già passata una settimana dall’inizio del progetto Mom too Soon in Ecuador.
Ho percorso quasi 500 km in auto e conosciuto cinque ragazze madri, ho ascoltato cinque storie, tanto diverse quanto simili.
Il conta scatti della Nikon F5 che ho preso in prestito dal mio amico John segna 35, segno che anche il quarto rullino è quasi terminato.
Credo che non basterebbero cento rullini per raccontare quello che sto vedendo e scoprendo qui, ma dovrò farcela con altri sei..
Ogni giorno un nuovo partner si aggiunge al progetto, in molti hanno voglia di raccontare, di denunciare, ma purtroppo in troppi hanno paura di uscire allo scoperto.
Una paura ragionevole, d’altronde nonostante la rete di supporto che si sta creando attorno alle mamme adolescenti qui in Ecuador, le giovani madri sono marginalizzate.
In molte sono costrette ad abbandonare gli studi per accudire i propri figli, ma non è come abbandonare l’università: abbandonare gli studi a 12 anni vuol dire non avere un posto nella società, vuol dire condannarsi ad una vita ai margini della società come la intendiamo in Europa.
Ciò che più mi ha colpito di questa prima settimana di lavoro è stato il sorriso sui volti delle giovani mamme.
Questo mi fa riflettere sul potere della vita, sul modo in cui ti fa trovare le energie e le risorse per andare avanti. Dover provvedere ad una vita che hai generato ti fa davvero tirare fuori il meglio.

La televisione e la radio stanno aiutando Mom too Soon a crescere.
Per fortuna mio fratello Bruno ha una scuola di lingue e mi ha aiutato facendo da interprete (visto che il mio Spagnolo è pari a 0) durante le interviste su TVN Canal e Diario El Norte.
In radio è stato anche lanciato l’hashtag #momtoosoon per incoraggiare le giovani madri ad unire le loro voci alla causa.
Mi è stato chiesto spesso perché, se il tema che sto trattando riguardi l’intera America Latina, mi stia concentrando sull’Ecuador. Ciò che desidero è che l’Ecuador sia un primo passo per Mom too Soon e che il progetto abbia una risonanza tale da far impegnare altri fotografi, videomaker, giornalisti e reporter di tutto il Sudamerica per raccontare la maternità adolescenziale nei loro paesi.
E chissà che il progetto non si estenda anche oltre.
Credo che la crowdphotography, (termine coniato dal fondatore di Shoot4Change), possa davvero diffondere quella consapevolezza che è alla base di un cambiamento profondo.
Continuate a seguire Mom too Soon attraverso l’hashtag #momtoosoon e sul mio profilo Instagram e Facebook.
Alla prossima,
Max